Risollevarsi dopo una caduta davvero terribile
Roman Kissling torna a lavorare dopo un volo di 13 metri
Indice
L'essenziale in breve
Roman Kissling, 54 anni, è sopravvissuto con molta fortuna a una caduta da un’altezza di 13 metri. Kissling si è ristabilito ed è tornato a lavorare a tempo pieno. Merito non solo della sua eccezionale forza di volontà, ma merito anche dei conoscenti e familiari e del sostegno fornito dal datore di lavoro.
Roman Kissling festeggia due compleanni: il primo il 21 maggio, giorno in cui è venuto al mondo, e il secondo il 6 marzo, giorno in cui è sopravvissuto a una caduta da un’altezza di tredici metri. C’è chi lo chiama destino, e chi fortuna. Ma una cosa è certa: ha sfiorato la morte. Kissling non ha alcun dubbio: «Il 6 marzo mi è stata regalata una seconda vita».
Anche se sono passati solo pochi anni dall’infortunio, Kissling riesce a parlarne senza problemi. Quel che è avvenuto dopo l’infortunio assomiglia a una storia di successo. Diciamo subito che Kissling è tornato a svolgere a tempo pieno la sua attività di capo montatore presso la ditta Schneitter AG di Langendorf. Non accusa dolori o limitazioni che gli ricordano la brutta avventura. Sa benissimo di avere avuto una fortuna sfacciata, e lo ammette senza mezzi termini.
Come uno scontro frontale
Nei minuti successivi all’infortunio la situazione si presentava drammatica. Kissling era cosciente dopo esser precipitato dal ponteggio, ma ha perso i sensi quando gli sono stati iniettati gli antidolorifici per essere trasportato con l’eliambulanza della Rega all’Inselspital di Berna. Ha ripreso conoscenza dopo 36 ore in ospedale e diverse operazioni alla gamba. I primi giorni sono stati particolarmente difficili, racconta Kissling. Lo choc subito per la caduta era notevole, l’impatto paragonabile a uno «scontro frontale», eppure Roman Kissling si sentiva comunque felice. Felice di riuscire a muovere le gambe e di essere vivo. Ma provava anche molta rabbia. «Ero arrabbiato con me stesso» dice Kissling. Arrabbiato, perché il giorno in cui è avvenuto l’infortunio era stressato per l’eccessivo lavoro e – pur sapendo che non ci sarebbe riuscito – voleva sbrigare tutto quello che c’era da fare. Arrabbiato perché era lui il responsabile della sicurezza sul cantiere e a tutt’oggi non capisce come sia potuto accadere questa disgrazia.
Dopo 13 giorni di degenza all’Inselspital, Kissling è stato messo su una sedia a rotelle e trasferito nella «Haus der Pflege» a Berna per essere curato durante le settimane successive. Abituarsi alla sedia a rotelle non è stato particolarmente difficile per Kissling, anche se non aveva assolutamente intenzione di restarci a lungo.
Riabilitazione a Bellikon
Il 29 aprile, sette settimane dopo l’infortunio, viene ricoverato alla Rehaklinik di Bellikon. Una tappa che si dimostrerà fondamentale per il suo futuro. «A Bellikon ce l’ho messa tutta». Ci sono stati dei momenti difficili, ma invece di lamentarsi, Kissling ha tenuto duro, anche se gli costava fatica e dolore. «Il fisioterapista mi ha ordinato più volte di fermarmi» racconta con una risata. «Ma io volevo assolutamente riuscire a tornare in azienda quanto prima possibile!» Tornare a vivere e a lavorare. Kissling non ha mai dubitato che un giorno avrebbe ripreso a lavorare. Ma solo se sarebbe stato in grado di farlo a tutti gli effetti. «Se non fossi stato in grado di lavorare al cento per cento come montatore avrei scelto di riqualificarmi professionalmente». Lo dice con un’espressione seria e il sorriso sulle labbra. A Kissling non piace lasciare le cose a metà, e questo atteggiamento gli è stato sicuramente di grande aiuto durante la guarigione.
Esempio di reinserimento perfettamente riuscito
Per la case manager della Suva questo caso è un ottimo esempio di «reinserimento perfettamente riuscito». La collaborazione tra assicurato, datore di lavoro, Suva e altre istituzioni coinvolte ha funzionato in modo ottimale. «Sin dal primo giorno Kissling era determinato a ritornare quanto prima possibile a lavorare» afferma la case manager. «La sua forza di volontà è stata decisiva».
Un ruolo molto importante, secondo la case manager, lo ha svolto la moglie di Kissling che è sempre stata a fianco del marito durante le lunghe e difficili settimane successive all’infortunio. «E non dimentichiamo il datore di lavoro» sottolinea la case manager. Che sin dal primo giorno si è impegnato a facilitare il rientro del suo dipendente senza mettergli fretta. Otto mesi dopo l’infortunio, Kissling ha ripreso a lavorare al 30 per cento. Col passare del tempo la percentuale è salita in modo graduale. Prima al 50, poi all’80, quindi al 95 e infine al 100 per cento. Grazie al suo capo, che Kissling considera un amico più che un superiore. E Kissling sa benissimo che «un simile sostegno non è per nulla scontato».
«Non abbandoniamo i colleghi»
Il fatto che l’azienda si sia preoccupata tanto dell’assicurato «forse non è economicamente corretto», dice Peter Schneitter, direttore della Schneitter AG di Langendorf. Ma lui non ha dubbi: «noi non abbandoniamo nessuno». E non importa se il dipendente – come Roman Kissling – è in azienda da 27 anni o se ci lavora solo da pochi. «Prendersi cura dei nostri colleghi è una questione a cui diamo molta importanza». Nei rapporti di lavoro con Kissling non è cambiato praticamente nulla, secondo Peter Schneitter. «Solo che adesso Roman non si lascia stressare tanto facilmente».
Cosa che anche Kissling conferma. Ma per il resto l’infortunio non lo ha cambiato granché. «Sono rimasto quello di sempre». Però, se gli capita di trovarsi sul ciglio di un burrone a guardare nel vuoto, gli ritorna in mente l’infortunio. Ovviamente se lo ricorda anche il 6 marzo di ogni anno, nel giorno del suo secondo compleanno. «E allora si festeggia».