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Una nuova vita grazie al casco da bici

In marzo Heinz Infanger ha rischiato di morire in un incidente stradale durante un’uscita con la bici da corsa. Heinz ha un rapporto molto speciale con i caschi per bici.

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      Quando Heinz Infanger pensa al 22 marzo scorso, deve confrontarsi con un vuoto di diverse ore. «Per fortuna» afferma. «Altrimenti non penso proprio che potrei raccontare  questo grave incidente in bici con tanta tranquillità».

       

      Heinz Infanger

      Una seconda vita

      Heinz va in bici (da corsa) da 35 anni. Sempre con prudenza. Cadute? Sì, ma mai con gravi conseguenze. Fino a quel mercoledì di marzo, quando stava scendendo dal passo del Sattel verso Goldau. Lungo questo tratto, che Heinz conosce bene, si trova la curva Chilerank, nota tra i ciclisti anche con il nome di Killerrank per la scarsa visuale. Heinz la affronta tenendosi al centro della carreggiata. Lo stesso fa anche l’automobilista che sopraggiunge in senso opposto. Heinz lo ha letto nel rapporto di polizia. «Senza il casco per bici non sarei sopravvissuto» afferma. «Sono finito con la testa nel parabrezza dell’auto». Oggi considera il 22 marzo un secondo compleanno, perché di fatto gli è stata regalata una seconda vita.

      Heinz riporta un trauma cranio-cerebrale e diverse fratture complesse al volto, che causano tra l’altro il disassamento dell’occhio. Senza contare il labbro rotto, la frattura di alcune costole e la lesione del legamento interno del ginocchio sinistro. «I medici dell’ospedale cantonale di Lucerna mi hanno detto che non avrei potuto tornare al lavoro prima di sei mesi». Già a metà maggio però Heinz ritrova il proprio posto in seno al Team supporto consulenza in prevenzione, almeno a titolo di prova. A fine maggio il 55enne urano può già lavorare al 50 per cento. È stato possibile grazie alla concomitanza di diversi fattori, tra cui una buona dose di fortuna, una solida condizione fisica, uno stile di vita sano e soprattutto il grande sostegno di familiari e amici. «Mi hanno aiutato molto anche i colleghi, le colleghe e il mio capo Marcel Thommen. Sono stati fantastici e hanno sempre cercato soluzioni pragmatiche. L’ho apprezzato moltissimo».

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      In ufficio a regime ridotto

      Per Marcel Thommen il reinserimento deve focalizzarsi soprattutto su un aspetto: «Un collaboratore o una collaboratrice che rientra dopo un infortunio tanto grave deve capire dove sono i nuovi limiti, senza pressioni di sorta. Per me come per il resto del team era molto importante permettere a Heinz di ripartire da zero, senza stress e senza scadenze. Il suo reinserimento è stato progressivo ed è riuscito al meglio grazie al grande impegno di tutti».

      Probabilmente la chiave sta anche nell’atteggiamento di Heinz: «Sembra che il mio compito su questa terra non sia ancora finito. Ho saputo accettare l’infortunio e investire tutte le mie energie per guarire» racconta. È ancora sotto osservazione per il trauma cranio-cerebrale e sente la parte sinistra del viso un po’ addormentata, come dopo un’anestesia dal dentista: «Non è ancora detto che ritroverò la sensibilità della guancia, ma per il resto sto molto bene».

      200 000 caschi per bici

      Dopo il diploma di lattoniere, Heinz ha svolto un apprendistato di commercio e, grazie al perfezionamento nel settore degli acquisti, nel 2001 è arrivato alla Suva. «La prevenzione mi sta a cuore da sempre» precisa. «Accanto ad altri articoli di prevenzione, in oltre dieci anni ho acquistato 200 000 caschi per bici per conto della Suva». Heinz si occupa anche di sensibilizzare i ciclisti, ad esempio nell’ambito di eventi slowUp in tutta la Svizzera oppure in veste di protagonista della serie per l’infanzia «Murmi», trasmessa da sette emittenti televisive locali. Senza dimenticare il contesto privato.

      Quando suo figlio ha iniziato ad andare in bicicletta, lo ha ingaggiato come modello per un volantino che spiegava come si indossa il casco. Heinz ha distribuito il volantino anche nel suo quartiere. All’epoca non immaginava però che un casco avrebbe potuto avere un ruolo tanto importante nella sua vita.

      Niente rabbia, solo gratitudine

      «Dopo l’incidente mi serviva tanto tempo per me» ricorda Heinz. Aveva bisogno di tranquillità. Di fermarsi un attimo. Di capire cosa era davvero importante. «Oggi ci imponiamo troppi obblighi e ci allontaniamo da noi stessi» conclude. Heinz ha capito cosa è davvero importante nella vita: avere un contesto sociale, trascorrere momenti spensierati con persone care e godersi la natura. «Uso meno ma con più consapevolezza quello che mi sembra meno importante, come i media o la televisione». Il 9 maggio Heinz si è recato sul luogo dell’incidente. Tenendosi un po’ in disparte dalla compagna e dalla figlia di lei, è rimasto a lungo sul marciapiede della Chilerank per ascoltarsi. «Non provavo rabbia o astio. Nessuna sensazione di colpa» ricorda. «Percepivo una profonda gratitudine per essere ancora vivo ed essere qui. Anche grazie al mio casco».

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