Alla fine la Confederazione chiuse i rubinetti
Benché fondata dalla Confederazione, la Suva era un istituto indipendente. Soprattutto nelle prime fasi della sua esistenza i rapporti con la politica federale di Berna erano molto stretti e segnati da aspri conflitti sul piano finanziario. Era dunque nell'interesse dell'Istituto emanciparsi da Berna e raggiungere l'indipendenza anche sotto tale aspetto. Ma per questo ci volle una violazione del rapporto di fiducia da parte della Confederazione.
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Il principio federale basato su «dare e avere», che promuove le soluzioni orientate al compromesso e al consenso, rese possibile la creazione dell'Istituto nazionale svizzero di assicurazione contro gli infortuni a Lucerna, e si applicava anche al relativo finanziamento.
Da un lato l'Istituto doveva risultare indipendente a livello operativo, dall'altro necessitava dei fondi federali, sia durante che dopo la fase di costituzione. Già nella legislazione si dovette contrattare l'entità del capitale iniziale e della partecipazione alle spese di gestione in un'ottica di lungo periodo.
Il compromesso che ne uscì imponeva ai titolari d'azienda di accettare il monopolio dell'Istituto e di accollarsi l'intero ammontare dei premi per l'assicurazione contro gli infortuni professionali. Al contempo la copertura fu estesa agli infortuni non professionali, ma in questo caso l'importo era a carico degli assicurati. A titolo di «indennizzo» per queste misure obbligatorie, la Confederazione si impegnò ad assumersi la metà delle spese amministrative.
10 milioni per l'avvio dell'attività
Nei dibattiti parlamentari del 1910 il Consiglio nazionale cercò di ridurre a un quarto la quota a carico della Confederazione. Ma anche su questo punto si impose Paul Usteri, relatore della Commissione del Consiglio degli Stati. Nel dibattito del 5 aprile 1910 affermò che «la Confederazione può ragionevolmente accollarsi la metà delle spese amministrative», a titolo di «compensazione dell'obbligo al quale devono sottostare i titolari d'azienda in seguito all'affiliazione all'Istituto».
Sull'importo complessivo del contributo alla fondazione, pari a 10 milioni di franchi, non vi era nulla da ridire; si dibatté però con fervore circa la ripartizione dei fondi tra un fondo «intoccabile» per il capitale iniziale e un fondo di riserva. Usteri ridusse il capitale iniziale da 7 a 5 milioni di franchi, anche
«in ragione del fatto che i contributi una tantum della Confederazione sono stati erogati, che in seguito si aggiungeranno anche i contributi annui e che i premi dovranno essere pagati anticipatamente.»
Riteneva invece importante che al fondo di riserva fosse destinato «un importo congruo, poiché nelle prime fasi, senza dubbio, vi si dovrà attingere in misura consistente».
Così la legge sull'assicurazione contro le malattie e gli infortuni del 1911 stabilì che la Confederazione dovesse rimborsare all'Istituto la metà delle sue spese amministrative, fornirgli un capitale d'esercizio di 5 milioni di franchi nonché un fondo di riserva di pari importo e che si sarebbe assunta le spese «occorse all'Istituto prima dell'apertura dell'esercizio, eccetto quelle per l'acquisto e l'arredamento d'immobili» (art. 51). Inoltre garantì all'Istituto la franchigia postale per gli invii effettuati nell'ambito delle proprie attività operative (art. 52) nonché l'esenzione dalle tasse e dalle imposte per gli atti e i beni immobili direttamente destinati al suo servizio (art. 53).
Malinteso o tattica dilatoria?
Queste condizioni generose furono stabilite in un periodo in cui l'economia era in piena espansione e il bilancio federale in pareggio. Poi il Paese dovette fare i conti con la guerra, il crollo della congiuntura e il rincaro, così a Berna il vento politico-finanziario prese a soffiare in direzione contraria.
Alla fine del 1916, mentre era impegnato nei lavori preparatori, l'Istituto di assicurazione di Lucerna chiese il versamento dei fondi per il capitale iniziale e il fondo di riserva. Il Dipartimento federale delle finanze a Berna, però, fece finta di non sentire o quantomeno di non poter dar seguito alla richiesta, dichiarando che il denaro in questione sarebbe già stato versato, così come gli anticipi per la costruzione dell'edificio principale a Lucerna. Entrambe le affermazioni non erano veritiere, ma per chiarire i malintesi si dovette attendere una conferenza a Berna, che si tenne il 28 aprile 1917.
La Confederazione, che navigava in pessime acque finanziarie, stava cercando di guadagnare tempo: lo dimostra il fatto che l'Istituto riuscì a presentare la «domanda di erogazione del capitale d'esercizio e del fondo di riserva, pari a 5 milioni di franchi ciascuno» solo il 14 febbraio 1918, meno di due mesi prima dell'avvio dell'attività. Dal capitale d'esercizio furono dedotti gli anticipi già versati per la realizzazione dell'edificio e l'acquisto della mobilia.
Pugno di ferro del Consiglio federale
La crisi del dopoguerra non risparmiò le casse federali, così negli anni a venire le difficoltà finanziarie si aggravarono ulteriormente. La proposta del Consiglio federale, avanzata nel novembre 1920 in un contesto di estrema precarietà, appare oggi come un gesto disperato.
«All'ultimo minuto», come sottolineò il direttore dell'Istituto di assicurazione contro gli infortuni Alfred Tzaut, il Consiglio federale propose una revisione parziale della legge sull'assicurazione contro le malattie e gli infortuni, che sarebbe dovuta entrare in vigore già il 1° gennaio 1921 e rappresentava davvero un colpo basso: prevedeva infatti nientemeno che l'abolizione dell'articolo 51, ovvero la cancellazione e il rimborso dei contributi erogati all'Istituto.
Indignazione a Lucerna
A Lucerna regnavano il timore e lo sconcerto. Il Consiglio di amministrazione reagì dapprima con diplomazia: riconobbe le difficoltà della Confederazione e non contestò a priori eventuali misure di risparmio. Ciò nonostante, per ragioni di carattere tecnico-amministrativo non era possibile attuarle all'inizio del 1921, in quanto si sarebbe dovuto procedere a un ricalcolo dei premi, che avrebbe causato un «onere supplementare specialmente ai datori di lavoro» e non sarebbe stato ipotizzabile prima dell'inizio del 1922.
In un primo momento si volle rinunciare a una presa di posizione ufficiale, lasciando ai membri del Consiglio di amministrazione dell'Istituto che sedevano anche nel Consiglio nazionale il compito di affrontare la questione nella sessione di dicembre. Tuttavia l'indignazione crebbe e il Consiglio di amministrazione decise di assumere «una posizione negativa».
La proposta sparì con la stessa rapidità con cui era comparsa sullo scenario politico. Il 26 aprile 1921 il Consiglio federale ritirò il suo disegno di legge, ammettendo che
«l'esecuzione di questa revisione parziale appare fuori luogo in un periodo di crisi come questo.»
Ritiro graduale della Confederazione
Per l'Istituto di assicurazione, tuttavia, questa dichiarazione non rappresentava un cessato allarme. Negli anni successivi, la Confederazione avrebbe preso gradualmente le distanze dagli impegni finanziari alla base della legge del 1911.
Nel 1925 modificò la legge sulle poste e abolì la franchigia postale prevista per l'Istituto. Nel 1927, sempre sull'onda della crisi economica, le Camere federali ridussero il contributo della Confederazione alle spese amministrative dalla metà a un quarto. La misura fu comunque ammortizzata «diluendola» su cinque tappe, fino al 1932. I datori di lavoro la considerarono però una violazione del rapporto di fiducia. La partecipazione ai costi da parte della Confederazione era infatti nata come contropartita per i titolari d'azienda, costretti ad accettare l'obbligo di monopolio e ad accollarsi l'intero ammontare dei premi.
Ma il peggio doveva ancora venire. Nel 1934 la quota di partecipazione alle spese amministrative fu dimezzata di nuovo tramite un decreto del Consiglio federale, dopodiché fu abolita del tutto dal 1935 al 1937. Anche i contributi all'assicurazione contro gli infortuni non professionali, a beneficio dei lavoratori, furono ridotti del 20 per cento dal 1934 e poi sospesi nel 1938. Queste misure furono attuate nell'ambito di una riduzione generale delle sovvenzioni.
La Suva sovvenziona la Confederazione
Le reazioni frustrate dell'epoca dimostrano che la Suva si sentì spesso in balia della politica finanziaria federale. Nel 1943 il Consiglio di amministrazione fece notare che la Suva aveva sovvenzionato la Confederazione fino al 1942, poiché erano stati stralciati solo i fondi federali ma non le prestazioni dell'Istituto a favore della Confederazione. Così, ad esempio, a quest'ultima veniva accreditata per legge la differenza legata alle riduzioni delle rendite per stranieri in quanto i lavoratori di origine estera ricevevano solo tre quarti delle rendite ordinarie di invalidità e per superstiti.
L'abolizione dei contributi federali produsse effetti tangibili sui premi, che nel 1946 subirono un aumento del 10 per cento. Al contempo il fondo di riserva di 5 milioni di franchi era ormai esaurito. Le associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori si rivolsero al Consiglio federale, che si dichiarò disposto a versare ogni anno un importo simbolico di un milione di franchi per i premi dell'assicurazione contro gli infortuni non professionali.
Nel 1960, quando tale quota fu fissata a un ottavo della somma dei premi, il Consiglio di amministrazione commentò soddisfatto che
«i rapporti finanziari tra la Confederazione e la Suva … sono disciplinati nuovamente dal diritto ordinario secondo criteri di ragionevolezza e obiettività.»
La prassi degli ultimi anni era stata «spiacevole e insoddisfacente per l'Istituto», tant'è che si era sperimentata un'«autentica sofferenza».
Un clima di esultanza che però non durò a lungo: già nel 1967, infatti, i contributi furono nuovamente sospesi.
Immagine iniziale: «Nel 1911 la fonderia Sulzer era immortalata sulla banconota da 1000 franchi. Per l'epoca la banconota da 1000 aveva un valore elevatissimo. Facendo un confronto con il potere d'acquisto di oggi era pari a una banconota da 12 500 franchi» (fonte: https://de.wikipedia.org/wiki/Schweizer_Franken)