Nei primi anni della sua esistenza, la Suva era definita un «mostro burocratico», dai meccanismi estremamente complessi, onerosi e ad alto impiego di personale. Per calcolare i premi suddivisi in 154 classi di rischio e ricalcolare decine di migliaia di rendite in seguito a ogni compensazione del rincaro serviva infatti un esercito di impiegati. Fino agli anni Settanta del secolo scorso la Suva si mostrò alquanto restia a introdurre nuovi strumenti che avrebbero contribuito all'automazione dei processi di lavoro. Fu in quel periodo che iniziò a dotarsi dei primi apparecchi elettronici, e oggi si è arrivati al punto di non poter più fare a meno della digitalizzazione in ambito amministrativo. Soprattutto il calcolo dei premi ha subito un'autentica trasformazione, passando da una struttura rigida a un sistema flessibile con 220 classi di rischio e 150 gradi tariffari, cui si aggiungono incentivi bonus-malus e una lotta sistematica alle truffe.
Già all'inizio del XX secolo il termine «burocrazia» era il grido di battaglia di coloro che avevano dichiarato guerra a uno Stato troppo invadente e al monopolio di singoli istituti. La «pedanteria» di cui venne accusata la Suva oggi si definisce «burocratismo» ovvero lo sviluppo eccessivo e ostacolante della burocrazia. Nel 1918 l'Istituto di assicurazione avviò la propria attività con 525 collaboratori, 34 000 aziende e 500 000 assicurati. Oggi si contano 4200 collaboratori (ripartiti su 3375 posti a tempo pieno), mentre il numero delle aziende assicurate è salito a 127 000 e quello delle persone assicurate a quasi 2 milioni.
«E la burocrazia! Ecco un tema ricco di motivo di critica! […] Gli uni ci trattano di burocrati perché applichiamo la legge attenendoci servilmente alla lettera, gli altri perché applicandola, a nostro capriccio, prendiamo delle decisioni arbitrarie» Rapporto di gestione della Suva, 1918
Come evidenziano le cifre, le disposizioni normative influiscono fortemente sull'attività della Suva: si pensi in particolare alla revisione della Legge federale sull'assicurazione contro gli infortuni del 1984 – che ha portato alla soppressione del monopolio dell'Istituto e all'estensione dell'obbligo di assicurazione a tutti i settori e le aziende – nonché all'ampliamento dei compiti della Suva, che è stata incaricata di gestire le cliniche di riabilitazione di Bellikon e Sion e, dal 2005, anche l'assicurazione militare.
Dal 1990 il numero degli infortuni è diminuito grazie a misure di prevenzione adeguate, modifiche strutturali e progressi tecnici. Al contempo si è registrato un aumento delle aziende assicurate, dovuto alla crescita economica.
Dalla fondazione della Suva, il numero dei dipendenti è sempre andato di pari passo con quello delle aziende assicurate. L'aumento di personale registrato soprattutto dal 1995 è dovuto da un lato all'ampliamento dei compiti della Suva (cliniche, assicurazione militare, case management ecc.), dall'altro alle disposizioni normative (gestione dei rischi, regolamentazione del mercato finanziario ecc.) e al cambio di strategia della Suva (introduzione di attività accessorie, come la gestione dei casi per terzi, il «Service total», ovvero l'assunzione del ruolo di contatto centrale per tutti i servizi alla clientela, e la comunicazione finalizzata alla prevenzione e al marketing d'immagine). La Suva, inoltre, ha investito nell'implementazione delle piattaforme IT, senza tuttavia che ciò si traducesse subito in risparmi di risorse; al contrario, il personale informatico ha registrato un aumento del 75 per cento.
Ben presto i lavori più semplici vennero automatizzati. La Suva si dotò di Comptometer, macchine contabili e indirizzatrici, nonché macchine da scrivere per fatturazione e affrancatrici, e nel 1928 acquistò addirittura un impianto telefonico automatico. L'Istituto, però, non fu mai tra i primi a sperimentare nuovi sistemi.
La Direzione fu molto restia anche al momento di introdurre il sistema a schede perforate, la tecnologia di punta negli anni Trenta. La prima macchina a schede perforate per «sbrigare una serie di operazioni di vitale importanza» fu acquistata solo nel 1949, e negli anni successivi per la Suva rappresentò più un problema che una soluzione. Non solo non portò all'auspicato risparmio di personale, ma non si trovò nemmeno una personalità veramente interessata a gestire l'ufficio preposto all'impiego di schede perforate. Nel 1955 quest'ultimo venne affidato al futuro direttore della Suva, Willy Wunderlin.
Solo con l'avvento dell'elettronica e la pressione del mercato del lavoro si giunse a una svolta. Nel 1961 il Consiglio di amministrazione constatò che «gli impiegati commerciali – sempre che si riesca a trovarne qualcuno per l'Istituto – non sono più disposti a svolgere monotoni lavori di routine che possono essere gestiti in modo altrettanto efficace da apposite macchine». Così fu acquistato il primo computer IBM, cui nel 1971 seguì il secondo, e nel 1980 vennero utilizzati per la prima volta gli schermi; nel 1981 fu la volta delle banche dati e di un sistema centralizzato di elaborazione dei testi, che sostituirono schedari e archivi. La Suva era finalmente entrata nell'era moderna.
«Bisogna considerare che le macchine non funzionano da sé; non hanno un cervello artificiale» Dichiarazione di Willy Wunderlin all'acquisto del primo computer IBM, seduta del Consiglio di amministrazione del 27 ottobre 1961
Per chi utilizzava la Comptometer, le gare di velocità erano iniziative gradite per spezzare la monotonia del lavoro quotidiano. I giovani collaboratori battevano i tasti a un ritmo forsennato, fino a farsi male. Ma solo chi sapeva utilizzare più dita contemporaneamente riusciva a essere davvero veloce. Il vantaggio principale della Comptometer consisteva nel fatto che le cifre decimali non venivano inserite una di seguito all'altra, come nelle calcolatrici di oggi.
Nella divisione matematico-statistica di Lucerna gli impiegati sedevano dietro alla propria Comptometer – disposti ordinatamente in fila, con la metà dei circa 100 tasti della calcolatrice coperti – e si contendevano il primato di velocità.
«Il numero relativamente alto di errori di calcolo che ci si ritrova a dover correggere è dovuto al fatto che il servizio incaricato del pagamento delle rendite viene utilizzato come scuola di Comptometer per istruire i principianti nell'uso della calcolatrice meccanica» Walter Thalmann, sottodirettore della Suva 1949-1957, dinanzi alla Commissione amministrativa il 27 gennaio 1950
La finalità della gara non era tanto aggiudicarsi un premio, bensì difendere l'onore. Per la Direzione, tuttavia, i principianti erano una spina nel fianco. Nel 1950 il sottodirettore competente della Suva espresse il proprio malcontento per i «numerosi errori di calcolo» riscontrati e rammentò che il servizio incaricato del pagamento delle rendite non doveva essere utilizzato «come scuola di Comptometer per istruire i principianti nell'uso della calcolatrice meccanica».
Già in passato il Consiglio di amministrazione aveva rifiutato di introdurre «premi» per i dipendenti più veloci nell'uso di macchine da scrivere e calcolatrici meccaniche. Nel 1930 si rifletté in merito a una proposta che, considerato «il largo impiego delle macchine che fanno risparmiare lavoro», mirava a promuoverne «l'uso corretto». Si constatava regolarmente che «numerosi impiegati non sapevano battere i tasti delle macchine da scrivere, delle calcolatrici meccaniche e delle macchine contabili in maniera metodica con le dieci dita e senza guardare, e pertanto non fornivano prestazioni ottimali». Malgrado ciò, secondo il Consiglio di amministrazione, le «gare di velocità» finalizzate all'assegnazione di un «premio sotto forma di aumento salariale» non rappresentavano un incentivo corretto: oltre al problema dei guasti alle macchine, si veniva a creare una competizione deleteria per la salute e che aumentava la probabilità di commettere errori.
«In buona parte delle critiche contro l'Istituto nazionale si incontrano i qualificativi di pedanteria e burocrazia. Sì, c'è della pedanteria e di carta ne imbrattiamo anche più di quanto vorremmo; ma di chi è la colpa?» Rapporto di gestione della Suva, 1918
Per gli impiegati amministrativi, il pagamento delle rendite era un processo lungo e dispendioso, soprattutto a causa dell'ingente numero di casi e dei costanti adeguamenti al rincaro. Ma il compito più impegnativo in assoluto era il calcolo dei premi, un'arte - o meglio - una scienza che richiedeva competenze di alto livello. Il calcolo doveva seguire due principi: in primo luogo il margine di manovra della Suva era assai ridotto, poiché poteva registrare un utile o una perdita di piccola entità solo a breve termine. In secondo luogo le singole classi di rischio, ovvero settori e categorie professionali, dovevano coprire i propri rischi. Per questo le imprese di costruzione pagavano un premio 25 volte più alto di quello delle aziende amministrative.
Per lungo tempo il sistema di determinazione dei premi rimase assai rigido: gestire 154 classi di rischio era un compito altamente complesso per l'epoca, ma non permetteva comunque di considerare in modo adeguato le specificità delle singole aziende presenti nelle varie classi. Esistevano sì gradi intermedi per tenere in debito conto anche l'impegno profuso nella prevenzione degli infortuni. In linea di principio, tuttavia, risultavano determinanti le caratteristiche di rischio di ordine superiore, sicché le piccole imprese venivano equiparate alle aziende leader del settore. Ad esempio, la tariffa concordata con Swissair per il settore aereo si applicava anche a un'impresa di elicotteri con 15 dipendenti.
Solo nel 1995 la Suva adottò un modello tariffario più flessibile, il sistema bonus-malus, basato sul principio di causalità. Nel 2005 il nuovo sistema era già in uso nel 90 per cento delle aziende assicurate e nello stesso anno venne introdotta anche la tariffa di base con 150 gradi di premio, tuttora in vigore. Per tenere conto della grande eterogeneità delle aziende, oggi il calcolo dei premi avviene sulla base di 31 settori, 50 classi di rischio e 220 «parti di sottoclasse», alle quali si applicano i 150 diversi gradi.
In pratica oggi, in base al calcolo dei rischi, le imprese di elicotteri ad esempio pagano premi più elevati rispetto alle aziende dotate di grandi aerei. Alle prime è infatti assegnato il grado di premio 107 perché appartenenti al settore «Trasporto aereo», sottoclasse 50A, parte di sottoclasse «Elicotteri». Alla parte di sottoclasse «Grandi aerei» si applica invece il grado 66. Convertendo il grado al premio lordo, si ottiene un fattore di 7,3.
Per attuare una politica dei premi equa, bisognava indagare e punire i responsabili di abusi e truffe. Per decenni, tuttavia, la Suva non condannò quasi mai pubblicamente gli assicurati privati che cercavano di ottenere prestazioni assicurative con l'inganno, ma si concentrò piuttosto sui medici che prescrivevano «prestazioni in eccesso», ovvero non necessarie, e sui proprietari d'impresa che falsificavano le liste salariali per risparmiare sui premi.
Due concetti sono particolarmente rilevanti: il termine «abuso» veniva utilizzato quasi sempre in riferimento ai medici, mentre il termine «truffa» riguardava i proprietari d'impresa. La Suva riteneva fossero una sorta di frode anche le cosiddette «assicurazioni mediante abbonamento» offerte dagli editori di giornali, che determinavano casi di doppia assicurazione e di sovrassicurazione.
Nel 1946 la Suva si espresse per la prima volta in merito alle frodi commesse dagli assicurati privati. Citando uno studio condotto in Germania, dove si era attinto eccessivamente alle risorse dello stato sociale, affermava che là la vera malattia non andava ricercata nel corpo bensì nell'anima, e si chiamava «smania di rendite». Anche in Svizzera il numero di simulatori era aumentato in seguito all'introduzione dell'assicurazione contro gli infortuni.
La Suva, tuttavia, continuò a non accennare mai pubblicamente alle frodi assicurative commesse da assicurati privati. Fino al 2001, quando una sentenza del Tribunale federale le fece aprire gli occhi.
La Corte di Cassazione di Losanna ha assolto l'imputato sostenendo che non ha ingannato con astuzia. Certo, aveva dichiarato il falso, ma la Suva non aveva dimostrato «quel minimo di prudenza che le avrebbe permesso di tutelarsi». Il comportamento della Suva è stato sorprendentemente ingenuo, tanto più che l'operaio aveva già presentato 11 richieste di prestazioni nel giro di quattro anni.
«La cosa più sorprendente è l'ingenuità della Suva» Decisione del Tribunale federale 6S.525/2001, 29 novembre 2001
La sentenza del 2001 fece aprire gli occhi alla Suva e anche l'opinione pubblica cambiò atteggiamento: sempre più persone presero coscienza del fatto che le truffe a danno delle assicurazioni e della previdenza sociale si ripercuotono sull'intera collettività. Nel 2007 la Suva passò all'azione istituendo il «Servizio di coordinamento contro le frodi», un servizio specializzato che ben presto poté beneficiare della doppia quantità di risorse. Oggi in quasi la metà dei casi esaminati si riscontra effettivamente una frode; dal 2007 il numero di casi sospetti è salito di oltre 20 volte.
A generare i costi più elevati per la Suva sono gli eventi di grandi proporzioni, come il distacco del ghiacciaio dell'Allalin che il 30 agosto 1965 travolse il cantiere della diga di Mattmark provocando la morte di 88 operai.